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Supply Chain Act (CSDDD): obblighi, sanzioni e impatti per le imprese

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AUTORE: Daniele Sorgente
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Supply Chain Act (CSDDD): obblighi, sanzioni e impatti per le imprese

La nuova Direttiva europea sulla sostenibilità impone alle grandi imprese di monitorare l’intera supply chain. Scopri cosa prevede, a chi si applica e come prepararsi.

supply chain act

TL;DR

La CSDDD rappresenta una svolta nella governance aziendale: sposta il baricentro dall’interesse esclusivo degli azionisti (shareholders) a una responsabilità più ampia verso lavoratori, comunità e ambiente (stakeholders). Non è solo una direttiva “green”: è un nuovo modello che pretende che le grandi imprese si facciano garanti del rispetto dei diritti umani e della tutela ambientale lungo tutta la loro catena di approvvigionamento. Una novità che promette cambiamenti profondi, ma che porta con sé anche oneri di compliance e timori sulla competitività del mercato europeo.

  • La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) è la Direttiva UE 2024/1760.
  • Si applica alle grandi imprese europee e straniere operanti in UE.
  • Introduce obblighi di due diligence su diritti umani e ambiente, estesi a fornitori e partner.
  • Prevede sanzioni fino al 5% del fatturato globale e responsabilità civile.
  • Con il Pacchetto Omnibus 2025 alcuni obblighi sono stati ridotti.

 

Indice dell’articolo

Analisi normativa: a chi si applica e quali obblighi introduce

La direttiva si concentra sulle grandi imprese, ritenute più capaci di influenzare la supply chain globale e più esposte al rischio di violazioni. L’idea di fondo è che siano proprio queste realtà, grazie alla loro forza contrattuale, a poter guidare i cambiamenti verso pratiche sostenibili.

Le imprese interessate sono chiamate a integrare la due diligence ambientale e sociale nei propri modelli di governance e di gestione del rischio. Devono identificare i rischi, monitorarli, prevenirli e, quando necessario, adottare rimedi per eliminarli o attenuarli. L’approccio è basato sul rischio: le aziende devono dare priorità agli impatti più gravi o probabili, dimostrando di aver attivato procedure proporzionate.

Ambito di applicazione

  • Imprese con oltre 1.000 dipendenti e fatturato superiore a €450 mln.

  • Gruppi societari con fatturato consolidato oltre €450 mln.

  • Società extra-UE che generano nell’Unione più di €450 mln di fatturato.

  • Franchising e licensing con royalties oltre €22,5 mln e fatturato globale superiore a €80 mln.

Gli obblighi includono: codici di condotta estesi a tutta la filiera, garanzie contrattuali con fornitori e partner, e strategie aziendali compatibili con l’Accordo di Parigi (limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C).

 


 

Il meccanismo di funzionamento e le criticità

La CSDDD non detta regole dettagliate, ma stabilisce principi generali che le imprese devono tradurre in pratiche concrete. Questo rende la normativa flessibile, ma poco precisa.

Il lato positivo è che le imprese hanno margini per adattare le regole alla propria realtà operativa. Il rovescio della medaglia è l’incertezza: senza parametri chiari, sarà più difficile per le autorità controllare la conformità e più rischioso per le aziende capire se le misure adottate sono sufficienti. In questo scenario, il rischio è di una normativa che diventi un esercizio di compliance burocratica senza veri effetti su ambiente e diritti umani.


 

Il Pacchetto Omnibus 2025: modifiche e alleggerimenti

Le critiche arrivate da governi e imprese hanno convinto la Commissione a intervenire con il cosiddetto Pacchetto Omnibus, approvato nell’aprile 2025. Lo scopo era alleggerire i costi di compliance, soprattutto per le PMI coinvolte indirettamente, e rendere la direttiva più gestibile per il tessuto imprenditoriale europeo.

Le modifiche hanno ridotto la portata originaria della CSDDD, rinviando alcune scadenze e limitando gli obblighi più gravosi. Si tratta di un compromesso che ha migliorato la sostenibilità economica della normativa, ma che, secondo molti osservatori, ne ha indebolito la capacità trasformativa.

Le principali modifiche introdotte

  • Recepimento rinviato al 26 luglio 2027.

  • Reporting ESG posticipato di due anni e inizialmente limitato alle imprese con più di 3.000 dipendenti e fatturato oltre €900 mln.

  • Obblighi di due diligence limitati ai partner commerciali diretti nei settori a rischio.

  • Rescissione contrattuale solo come ultima risorsa, dopo altri rimedi.

  • Eliminata la possibilità per sindacati e ONG di avviare azioni giudiziarie per il risarcimento del danno.


 

L’impianto sanzionatorio e i rimedi risarcitori

Il sistema sanzionatorio della CSDDD è pensato per essere realmente dissuasivo. Le multe possono raggiungere il 5% del fatturato globale netto, con un impatto enorme sui bilanci delle imprese coinvolte. Non si tratta quindi di sanzioni simboliche, ma di strumenti capaci di incidere concretamente sulle strategie aziendali.

Accanto alle sanzioni amministrative, la direttiva prevede una responsabilità civile: le imprese devono risarcire i danni causati a persone fisiche o giuridiche, anche se derivano da comportamenti dei loro fornitori o partner commerciali. Questo allarga in modo significativo la responsabilità delle aziende e impone una gestione attenta della supply chain, pena contenziosi potenzialmente molto onerosi.

In breve

  • Multe fino al 5% del fatturato netto globale.

  • Obbligo di risarcire danni anche per fatti imputabili ai fornitori.

  • Legittimazione di sindacati e ONG inizialmente prevista, poi eliminata con il Pacchetto Omnibus.


 

Conclusioni

La CSDDD è un tassello importante del Green Deal europeo e segna il tentativo più ambizioso dell’UE di rendere obbligatoria la responsabilità sociale delle imprese. La versione originaria era dirompente: chiedeva alle aziende di farsi garanti globali della sostenibilità. Con le modifiche del 2025, la sua forza innovativa è stata ridimensionata, ma resta comunque un cambio di paradigma.

Per le imprese, la sfida sarà duplice: da un lato evitare sanzioni e contenziosi, dall’altro cogliere l’occasione per rafforzare la governance e migliorare la propria reputazione sul mercato. La sostenibilità, più che un obbligo, rischia di diventare un criterio competitivo da cui non si potrà più prescindere.

 


 

FAQ | Impugnazione delibera del CdA

1. Chi deve adeguarsi al Supply Chain Act?

Le grandi imprese con oltre 1.000 dipendenti e 450 mln di fatturato, i gruppi societari di pari dimensioni e le società extra-UE che operano nel mercato europeo.

2. Quali sono i rischi principali per le aziende?

Multe fino al 5% del fatturato, danni reputazionali e responsabilità civile per violazioni commesse anche dai partner commerciali.

3. Cosa cambia con il Pacchetto Omnibus 2025?

Slittano le scadenze, si restringe l’ambito della supply chain ai soli partner diretti e vengono ridotti i casi di rescissione obbligatoria dei contratti.


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