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Patto di non concorrenza: come funziona per lavoratori, freelance e soci

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AUTORE: Alessia Antonia D'Alessio
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Patto di non concorrenza: come funziona per lavoratori, freelance e soci

Il patto di non concorrenza è uno strumento legale che permette a imprese e professionisti di tutelarsi da attività concorrenziali da parte di ex collaboratori, dipendenti o soci

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Il patto di non concorrenza è un efficace strumento di tutela, ma solo se redatto correttamente. Deve essere chiaro, limitato e proporzionato, pena la nullità. È utile sia per proteggere know-how e clienti, sia per prevenire azioni concorrenziali sleali da parte di chi ha conosciuto l’azienda dall’interno.

In sostanza, chi firma un patto di non concorrenza si impegna a non svolgere attività concorrenti per un certo periodo e in un certo ambito geografico, in cambio di un corrispettivo economico.

Vediamo nel dettaglio come funziona questo accordo nei diversi contesti professionali: lavoratore dipendente, freelance/lavoratore autonomo, amministratore e socio.

 

Indice dell’articolo


Il patto di non concorrenza per il lavoratore dipendente

L’art. 2125 del Codice Civile disciplina il patto di non concorrenza per i lavoratori subordinati. Si tratta di un accordo scritto, con cui il dipendente si impegna a non esercitare attività in concorrenza con l’azienda, dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

Requisiti essenziali per la validità

Per essere valido, il patto di non concorrenza deve:

  • Essere stipulato in forma scritta e firmato dal lavoratore.

  • Essere limitato nel tempo (massimo 3 anni, 5 per i dirigenti), nello spazio (ambito territoriale), e nell’oggetto (settore di attività).

  • Prevedere un corrispettivo economico adeguato: in genere, non inferiore al 30% della retribuzione annua.

Cosa accade se viene violato?

Se il lavoratore viola il patto:

  • Il datore può chiedere la restituzione del compenso e il risarcimento del danno.

  • È possibile ottenere un provvedimento d’urgenza per bloccare l’attività concorrenziale.

  • In casi gravi, può configurarsi una responsabilità penale, ad esempio per violazione del segreto aziendale.


 

Il patto di non concorrenza per freelance e lavoratori autonomi

Nel caso di lavoratori autonomi (freelance, consulenti, collaboratori), il riferimento normativo è l’art. 2596 c.c. Qui l’obiettivo è tutelare la libera iniziativa economica, limitando le restrizioni solo se giustificate.

Caratteristiche del patto per i freelance

  • Forma scritta obbligatoria

  • Limiti specifici: deve essere circoscritto a una zona geografica definita, una determinata attività e durare massimo 5 anni

  • Non è obbligatorio prevedere un’indennità, a differenza di quanto accade per i lavoratori subordinati.

Anche in questo caso, se il professionista inizia a competere nello stesso mercato e con la stessa clientela, può scattare la violazione del patto.


 

Il patto di non concorrenza per amministratori di società

Per gli amministratori di società, il patto può essere:

  • Durante il mandato: è vietata l’attività concorrente ex art. 2390 c.c. (nelle S.p.A.), salvo autorizzazione dell’assemblea.

  • Dopo il mandato: si può sottoscrivere un patto ex art. 2596 c.c., come per i lavoratori autonomi.

Attenzione nelle S.r.l.

Nelle S.r.l., il divieto durante l’incarico non è previsto per legge, ma può essere introdotto nello statuto o nei patti parasociali. Dopo la cessazione del mandato, invece, l’ex amministratore può sottoscrivere un patto nei limiti già visti: zona, attività, durata (max 5 anni), ma senza obbligo di compenso.


 

Il patto di non concorrenza tra soci

I soci di S.r.l., a differenza dei soci di società di persone (snc, sas), non sono obbligati per legge ad astenersi da attività concorrenziali con la società.

Come tutelarsi?

Serve introdurre un patto parasociale o una clausola nello statuto. Questo accordo deve:

  • Essere scritto e sottoscritto.

  • Rispettare i limiti previsti dall’art. 2596 c.c.: zona, attività, durata (max 5 anni).

  • Non richiede per forza un corrispettivo economico.


 

FAQ | Patto di non concorrenza

Chi deve pagare il corrispettivo nel patto di non concorrenza?

Nel caso dei lavoratori subordinati, è sempre il datore di lavoro. Per freelance e soci, non è sempre previsto un compenso.

Qual è il corrispettivo minimo per un patto di non concorrenza?
La legge non stabilisce un minimo legale, ma i tribunali hanno spesso dichiarato nullo il patto quando il corrispettivo era irrisorio (ad esempio meno del 10% dell’ultima RAL). Per garantire validità, è buona prassi prevedere almeno il 20-30% della retribuzione annua come importo complessivo.
Il patto di non concorrenza è obbligatorio?

No, è sempre frutto di un accordo tra le parti. Nessuno può essere costretto a firmarlo.

Quanto può durare il patto di non concorrenza?

Dipende dalla categoria:

  • Lavoratori subordinati: max 3 anni (5 per i dirigenti)
  • Freelance, amministratori e soci: max 5 anni
Cosa succede se non è previsto un compenso?

Il patto è nullo solo per i lavoratori dipendenti. Per autonomi, amministratori e soci è comunque valido.

Quanto dev’essere pagato un patto di non concorrenza?

Non esiste una cifra fissa prevista dalla legge. Tuttavia, per essere valido, il compenso deve essere adeguato e proporzionato al sacrificio richiesto. In genere, la giurisprudenza considera adeguato un importo pari almeno al 15-30% della retribuzione annua del lavoratore, da corrispondere mensilmente o in un’unica soluzione alla cessazione del rapporto.

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