Proprietà intellettuale

Il patent trolling: la minaccia silenziosa per l’innovazione

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AUTORE: Daniele Sorgente
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Il patent trolling, o “patent assertion entity” (PAE), è una pratica che ha suscitato ampie discussioni e controversie nel campo della proprietà intellettuale. Si tratta di entità che possiedono brevetti non con l’intento di sviluppare o produrre le tecnologie brevettate, ma per far valere i relativi diritti contro presunte violazioni da parte di altre aziende, spesso attraverso azioni legali del tutto strumentali.

Ecco, in grande sintesi, ciò che accade: i patent troll acquistano brevetti da aziende in difficoltà finanziarie o da inventori individuali, spesso a prezzi molto bassi. Una volta acquisiti, questi brevetti vengono poi utilizzati come base per azioni legali contro aziende che producono o utilizzano tecnologie simili, con l’obiettivo di ottenere licenze forzate o risarcimenti monetari. Il termine “troll” (che rimanda alla pratica, molto diversa, degli utenti che infestano i social network con atteggiamenti denigratori o comunque intenti esclusivamente distruttivi) deriva dal loro modus operandi, che è percepito come predatorio e opportunistico.

Le implicazioni legali del patent trolling sono complesse e possono variare a seconda della giurisdizione. Negli Stati Uniti, la pratica è particolarmente diffusa, data la natura del sistema brevettuale e l’entità dei risarcimenti che possono essere ottenuti attraverso le relative azioni legali. In grande sintesi, negli USA la legge sui brevetti consente ai detentori di citare in giudizio per violazione, anche se non stanno utilizzando attivamente l’invenzione brevettata. I patent troll sfruttano proprio questo aspetto per intentare cause legali, spesso in giurisdizioni favorevoli, come – almeno sino a qualche tempo fa – la Eastern District of Texas.

Tra gli altri provvedimenti, vale la pena di citare il Leahy-Smith America Invents Act (AIA) del 2011, tramite il quale sono state introdotte alcune misure volte proprio a combattere il fenomeno del patent trolling, senza tuttavia ottenere ad oggi grandi risultati. La Corte Suprema, sempre sul medesimo tema, si è pronunciata con sentenze che hanno segnato qualche piccola vittoria a vantaggio di coloro che subiscono questa pratica predatoria: tra le altre, con la pronuncia “Octane Fitness v. ICON Health & Fitness” del 2014 la Corte Suprema ha in qualche modo facilitato l’ottenimento di rimborsi per le spese legali da parte degli accusati di violazione dei brevetti in cause considerate infondate.

Tra i casi più eclatanti, quelli di una società statunitense che ha attivato una serie di cause legali contro migliaia di aziende (se ne contano non meno di 8mila) negli Stati Uniti a partire dal 2011. Questa società, infatti, è dapprima riuscita ad acquistare i brevetti relativi alla tecnologia Wi-Fi e ha successivamente iniziato a fare causa a piccoli hotel, caffè, e persino catene di supermercati che offrivano Wi-Fi gratuito ai propri clienti. La strategia, dunque, non è stata quella di mirare direttamente ai produttori di dispositivi Wi-Fi, come Cisco o Motorola, ma quella di ottenere risarcimenti dalle aziende (spesso molto piccole) che utilizzavano questa tecnologia, sostenendo proprio la violazione dei brevetti di proprietà. La vicenda giudiziale si è conclusa nel 2013, quando un giudice federale ha stabilito che i brevetti relativi al Wi-Fi erano sì validi, ma non tali da chiedere gli ingenti danni per i quali erano state attivate le numerose cause: il tutto si è dunque “sgonfiato” con l’ottenimento, a favore della società brevettante, di una somma poco più che simbolica.

In Europa, il patent trolling è tendenzialmente un fenomeno meno presente, in parte a causa delle differenze nei sistemi legali e di disciplina dei brevetti. L’approccio europeo tende, di norma, a richiedere un uso attivo delle invenzioni brevettate e le corti sono generalmente meno propense a concedere risarcimenti elevati rispetto agli USA. Tuttavia, con l’introduzione del sistema di brevetto unitario e della Unified Patent Court, serpeggia tra gli addetti ai lavori una certa preoccupazione circa il fatto che il patent trolling possa diventare più comune anche in Europa.

In linea generale, le proposte di contenimento di questo fenomeno passano – sia in USA che in Europa – tramite alcune direttive comuni, che paiono condivisibili: Eccone alcune:

  1. un rafforzamento dei requisiti di registrazione e utilizzo (costante e attivo) dei brevetti potrebbe limitare le opportunità per i patent troll;
  2. l’introduzione di riforme che rendano più difficile l’ottenimento di risarcimenti elevati potrebbe fungere da disincentivo a intentare cause frivole o puramente strumentali;
  3. parallelamente, la promozione di procedure alternative di risoluzione delle controversie può offrire soluzioni più rapide e meno costose rispetto alle cause legali tradizionali, che rappresentano (di per sé) la principale fonte di guadagno dei patent troll;
  4. l’approntamento di un’assistenza legale e finanziaria, soprattutto a vantaggio delle piccole e medie imprese che sono spesso bersaglio dei patent troll, potrebbe aiutarle a difendersi più efficacemente.

Il patent trolling rappresenta una sfida significativa nel campo della proprietà intellettuale, con implicazioni legali complesse che variano a seconda della giurisdizione. Mentre alcune misure sono state adottate in USA per mitigare il fenomeno (in probabile ascesa anche in Europa), il dibattito su come affrontare efficacemente i patent troll continua. Un approccio combinato di riforme legali, supporto per le vittime potenziali e iniziative private potrebbe offrire la migliore strada per ridurre l’impatto negativo del patent trolling sul panorama innovativo globale.

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