Diritto digitale

Cybersquatting: quando ti rubano il dominio

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AUTORE: Daniele Sorgente
d.sorgente@studiolegally.com
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Cybersquatting: quando ti rubano il dominio

Il cybersquatting è la registrazione di un nome di dominio che è identico o molto simile a un marchio registrato, a un nome aziendale o a un nome di persona famoso, con l’intento di trarne profitto o causare dei danni.

Furto di dominio cybersquatting

TL;DR: 
  • Il cybersquatting è la registrazione in malafede di un dominio identico o confondibile con un marchio protetto per scopi speculativi o lesivi.
  • La tutela legale in Italia inquadra il nome a dominio come segno distintivo ai sensi del codice della proprietà industriale (CPI), garantendo la protezione contro il rischio di confusione.
  • Una strategia proattiva è essenziale, incluse la registrazione “difensiva” di varianti e il monitoraggio attivo.
  • L’azione giudiziaria è necessaria per ottenere il risarcimento del danno e utilizzare il rimedio cautelare tipico del trasferimento provvisorio del dominio.

 

Indice dell’articolo

La minaccia digitale al patrimonio aziendale

Il cybersquatting rappresenta una delle minacce digitali più insidiose per il patrimonio immateriale delle imprese. Il fenomeno è definito come la registrazione in mala fede di un nome a dominio che sia identico o simile in modo confondibile a un marchio aziendale, un nome proprio o un altro segno distintivo già esistente e protetto.

L’obiettivo principale del cybersquatter è speculativo: forzare la rivendita del dominio al legittimo titolare del marchio a fronte di tariffe elevate, o, in alternativa, utilizzare il dominio per danneggiare gli affari del legittimo titolare (ad esempio, con contenuti denigratori o ingannevoli).

A differenza della registrazione dei marchi, l’assegnazione dei nomi a dominio da parte dei registrars segue il principio first-come, first-served, senza verifiche preliminari sulla legittimità o la titolarità dei diritti. 

Questa meccanica crea un paradosso strutturale: le aziende sono costrette a una tutela prevalentemente reattiva, dovendo ricorrere a complessi percorsi legali e amministrativi per recuperare il proprio segno distintivo dopo che il danno potenziale si è già manifestato. La rapidità strategica e la prova documentale dell’uso in mala fede sono essenziali.

La tassonomia dell’abuso: varianti e rilevanza legale

Il termine cybersquatting è spesso utilizzato in senso lato per descrivere diverse forme di abuso dei nomi a dominio. La corretta identificazione della variante è fondamentale per inquadrare l’azione legale più appropriata.

Le varianti principali includono:

  • Cybersquatting in senso stretto: Registrazione di un nome identico o altamente simile a un marchio noto con l’intento prevalente di rivendita speculativa.
  • Typosquatting: Consiste nella registrazione e utilizzo come nomi di dominio di varianti tipografiche o errori di battitura comuni di un marchio (“misspelling”). L’obiettivo è intercettare i visitatori che digitano l’indirizzo in modo errato per trarne vantaggio.
  • Combosquatting: Combinazione del marchio aziendale con termini generici o ingannevoli (es. “supporto” o “ufficiale”), spesso finalizzata alla frode o a veicolare minacce digitali.

Un esempio concreto di Cybersquatting:

Un malintenzionato può, ad esempio, registrare il dominio aruda.it (variante tipografica) o arubasupport.it (combosquatting) per intercettare il traffico destinato al sito ufficiale aruba.it. Con una campagna di messaggi spam, gli utenti vengono indirizzati a un portale in tutto simile a quello originale di Aruba, con l’intento di fargli inserire i dati di login e ottenere in questo modo le credenziali dell’account della vittima.

È cruciale distinguere queste pratiche dal domain grabbing e dal domain snapping, che mirano all’accaparramento di indirizzi con un alto potenziale commerciale (spesso generici o in scadenza) cercando intenzionalmente di non utilizzare termini protetti, proprio per evitare conflitti legali sulla PI.


 

Il nome di dominio nel diritto italiano

Il nome del dominio ha progressivamente assunto un ruolo centrale nella giurisprudenza italiana, evolvendo da semplice indirizzo telematico a pieno titolo di segno distintivo d’impresa. L’orientamento della giurisprudenza nazionale prevalente considera oggi il nome a dominio un segno distintivo tutelato.

Il fondamento di tale tutela è stabilito nel codice della proprietà industriale (CPI), D.Lgs. 30/2005.

  • Articolo 12 CPI: Stabilisce una funzione difensiva per i segni distintivi preesistenti, includendo esplicitamente i nomi a dominio. Non possono infatti costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni che siano identici o simili a un segno già noto come ditta, denominazione sociale, insegna e nome a dominio usato nell’attività economica, se adottati da altri.
  • Rischio di confusione: La tutela del titolare del marchio contro l’uso illegittimo del proprio segno come nome a dominio altrui si articola sul rischio di confusione nell’utente medio della rete, qualora il dominio contraddistingua prodotti o servizi identici o affini.
  • Tutela ultra-merceologica (marchi rinomati): Se il nome a dominio è identico o simile a un marchio rinomato, la tutela è garantita anche per prodotti o servizi non affini, a condizione che l’utilizzatore tragga indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio, o rechi pregiudizio al titolare del segno.

 

Le strategie proattive di difesa

La difesa del brand nell’ambiente digitale non può limitarsi ai soli rimedi legali successivi al danno. Una strategia di brand protection si basa su misure proattive per prevenire o identificare tempestivamente l’attività di cybersquatting.

Raccomandazioni pratiche per aziende

  1. Registrazione difensiva e copertura multi-estensione: Acquisizione preventiva di un portafoglio domini strategico, includendo:
    • Copertura essenziale: Domini principali (.it, .com, .eu).
    • Copertura tattica (anti-typosquatting): Registrazione preventiva di varianti fonetiche e potenziali errori di battitura o abbreviazioni del brand.
  2. Monitoraggio attivo (cyber threat intelligence): Utilizzo di strumenti di monitoraggio automatizzato per individuare tempestivamente potenziali casi di cybersquatting o combosquatting. La rapidità di reazione è cruciale per l’efficacia di una successiva azione legale o ADR (Alternative Dispute Resolution, ossia le procedure di risoluzione delle controversie alternative a quelle giudiziarie).
  3. Documentazione strategica: Mantenere una documentazione accurata sull’uso del marchio (durata, estensione territoriale, notorietà) e sulle offerte di vendita/rivendita forzosa da parte di terzi. Tali prove sono vitali per dimostrare la mala fede nelle procedure ADR e giudiziarie.
  4. Campagne Ads di Brand Protection (PPC): L’utilizzo strategico di campagne pubblicitarie Pay-Per-Click (PPC) è fondamentale. Le aziende possono acquistare come keyword il proprio nome e le sue varianti. Questo assicura che, anche in presenza di un dominio abusivo registrato o di una condotta di typosquatting, l’azienda sia il primo risultato (annuncio a pagamento) nei motori di ricerca.

 

I meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie (ADR)

Le procedure Alternative dispute resolution (ADR) offrono un canale di recupero del dominio più rapido e meno oneroso rispetto al contenzioso giudiziario ordinario.

La procedura UDRP per i gTLD (domini .COM, .NET, ecc.)

La Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy (UDRP) è il quadro legale internazionale per i gTLD (domini generici di primo livello), gestita principalmente dalla WIPO (Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale).

Per ottenere il trasferimento del dominio, il titolare del marchio deve dimostrare tre elementi chiave in modo cumulativo:

  1. Identità o similitudine confondibile (trademark rights): Il nome a dominio contestato è identico o simile in modo confondibile al marchio.
  2. Assenza di diritti o interessi legittimi (no rights or legitimate interests): Il registrante del dominio non possiede diritti o interessi legittimi su di esso.
  3. Registrazione e uso in mala fede (bad faith): Il nome a dominio è stato registrato e viene utilizzato in mala fede.

La procedura nazionale per il ccTLD (domini .IT)

Per i domini “.it” le controversie sulla riassegnazione sono gestite da Prestatori del Servizio di Risoluzione delle Dispute (PSRD) accreditati da Registro.it. La procedura è extragiudiziale e alternativa alla giustizia ordinaria.

  • Riassegnazione e presupposti

La riassegnazione è possibile se il ricorrente prova congiuntamente che: (a) il nome a dominio è identico o confondibile con un proprio segno distintivo (o nome/cognome); (b) il resistente non ha diritto o titolo sul dominio; (c) il dominio è stato registrato e usato in mala fede. Se risultano provati i punti (a) e (c) e il resistente non dimostra un proprio diritto o titolo, il dominio viene trasferito. 

  • Attuazione della decisione e “blocco” tramite azione giudiziaria

Se il Collegio dispone la riassegnazione, il Registro esegue la decisione salvo che riceva, entro 15 giorni dalla decisione, una comunicazione documentata del resistente di aver avviato un procedimento giudiziario sul nome a dominio. In tal caso, la parte deve inviare entro ulteriori 10 giorni la copia dell’atto introduttivo notificato (o 30 giorni se la notifica avviene da/per Stati diversi), altrimenti il Registro procede alla riassegnazione.

 


 

L’intervento del Tribunale

Quando le prove di mala fede sono insufficienti per l’ADR o quando è necessario ottenere il risarcimento del danno, il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria è la via d’azione necessaria.

La tutela cautelare specifica: articolo 133 CPI

Il codice della proprietà industriale (D.Lgs. 30/2005) prevede all’articolo 133 una forma di tutela cautelare tipica specificamente dedicata ai nomi a dominio aziendali.

  • Provvedimenti disponibili: L’autorità giudiziaria può disporre, in via cautelare: l’inibitoria dell’uso illegittimo del nome di dominio e il trasferimento provvisorio del dominio stesso.

Tutela tramite concorrenza sleale e risarcimento del danno

Il cybersquatting può essere perseguito anche come atto di concorrenza sleale, ai sensi dell’articolo 2598 del codice civile.

  • Obiettivo: Questa strada è cruciale per ottenere il risarcimento del danno.
  • Complementarietà: I rimedi della concorrenza sleale permettono di ottenere ristoro delle perdite economiche subite, in aggiunta all’inibitoria e al recupero del dominio.

 

FAQ | Cybersquatting – il furto di dominio

1. Cos’è la “mala fede” e perché è cruciale?

È uno degli elementi decisivi: la consapevolezza del cybersquatter di registrare un segno distintivo altrui al solo scopo di speculare o arrecare danno.

2. Posso recuperare il dominio senza ricorrere al Tribunale?

Sì, tramite le procedure ADR. Questi percorsi sono più veloci, ma si limitano al trasferimento del dominio e non prevedono il risarcimento dei danni.

 

3. Il typosquatting è illegale?

Sì, è illegale se il registrante sfrutta l’errore di battitura per intercettare intenzionalmente il traffico degli utenti e creare confusione con il marchio protetto.


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