Diritto digitale

Il destino delle criptovalute in caso di morte del proprietario

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AUTORE: Daniele Sorgente
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Cosa accade alle criptovalute nel caso di morte del proprietario? Formano parte dell’asse ereditario? Come è possibile trasferirne la titolarità all’erede?

Per rispondere a queste domande è necessario tenere in considerazione sia gli aspetti giuridici che quelli tecnici attinenti alle criptovalute e alle modalità in cui queste vengono custodite.

Da un punto di vista giuridico, le criptovalute rappresentano un bene digitale a carattere patrimoniale, pertanto, fanno parte a pieno titolo dell’asse ereditario. Ciò significa che nel caso di successione mortis causa, queste, in presenza di un testamento valido, verranno trasmesse agli eredi indicati dal defunto. In alternativa, in assenza di disposizioni testamentarie, saranno devolute agli eredi legittimi sulla base della disciplina di cui agli artt. 565 ss. del codice civile.

L’aspetto peculiare della questione, che nella pratica potrebbe generare dubbi e ostacoli alla trasmissibilità delle criptovalute dal de cuius agli eredi riguarda, invece, la concreta possibilità di accedere alle stesse. Il titolare può infatti conservare le proprie criptovalute mediante varie modalità, tuttavia, alcune di esse, in assenza di indicazioni specifiche lasciate dal titolare deceduto – in primis, la chiave privata o la seed phrase – rendono le criptovalute inaccessibili a chiunque, compresi gli eredi.

Per comprendere gli “ostacoli” tecnici che vanno tenuti in considerazione di fronte – o in prospettiva – di una successione mortis causa è dunque necessario conoscere le principali modalità di conservazione delle criptovalute.

Nello specifico, la detenzione delle criptovalute avviene principalmente mediante tre modalità:

  • attraverso un account aperto presso un intermediario online (exchange) o un istituto bancario;
  • direttamente dall’utente;
  • mediante fondi di investimento;

Account presso intermediari online (exchange) o istituti bancari: in questo caso, le criptovalute sono di proprietà dell’utente che le acquista, tuttavia, le chiavi private di accesso alle stesse vengono conservate dall’intermediario. L’utente è quindi in possesso unicamente delle credenziali per accedere al proprio account, non è invece a conoscenza della chiave privata per accedere alle criptovalute. È solamente l’intermediario a occuparsi della conservazione delle cryptocurrencies di tutti i propri utenti e, pertanto, è anche l’unico soggetto che ne conosce la chiavi private e che ne gestisce i wallet.

L’accesso alle criptovalute da parte degli eredi – qualora questi non conoscano le credenziali d’accesso all’account della piattaforma di exchange – può essere effettuato attraverso procedure appositamente previste dalla piattaforma per il recupero delle credenziali nel caso di decesso del titolare dell’account. La presenza di tali procedure, tuttavia, non sempre è garantita, in particolare quando si tratta di piattaforme di exchange aventi sede presso paesi non comunitari. È dunque consigliabile svolgere un’attenta verifica dei termini d’uso del servizio.

Riguardo al tema del recupero delle credenziali per l’accesso agli account del defunto, esistono, inoltre, molteplici pronunce giurisprudenziali sulla base delle quali, in assenza di una procedura ad hoc prevista dal sito web, è stato consentito agli eredi l’accesso ai dati personali del de cuius presenti su varie piattaforme. Ad esempio, in un caso che ha coinvolto facebook, è stato consentito ai genitori di un ragazzo deceduto in seguito ad un sinistro stradale, di ottenere le credenziali di acceso all’account del figlio in ragione dell’interesse legittimo – base di legittimazione richiesta dal GDPR – da parte di questi ad accedere a foto, contatti etc. presenti nel cellulare. È ragionevole pensare che una simile soluzione – anche ai sensi dell’art. 2 terdecies del D.lgs. 196/2003 e dell’art. 15 del GDPR – sia applicabile anche nel caso di criptovalute detenute sulle piattaforme di intermediari online.

Direttamente dall’utente: in questo caso, l’utente è proprietario delle criptovalute nonché l’unico custode della chiave privata.

Prima di elencare le tre modalità di detenzione diretta va premesso che, in tutti e tre i casi, la chiave privata è conosciuta solamente dall’utente e che, la conoscenza della stessa, è l’unico modo per accedere alle criptovalute e svolgere ogni tipo di operazione.

Se non si conosce la chiave, l’accesso alle criptovalute è impossibile: ciò significa che, a differenza del caso precedente – in cui alla morte del proprietario talvolta è possibile accedere all’account attraverso una procedura di recupero delle credenziali – nel caso di criptovalute detenute direttamente dall’utente non vi è alcuna soluzione che supplisca alla mancata conoscenza della chiave privata.

Nello specifico, le modalità di detenzione “diretta” sono di tre tipologie. A mezzo di:

  • un paper wallet: la chiave privata è riportata su un foglio (cartaceo o elettronico). Senza la sua consultazione, è impossibile conoscere la chiave.
  • un software wallet: la chiave privata è conservata in un software. Per accedere al software è necessaria una password. Se non si conosce la password, non si può accedere alla chiave. L’esistenza di una procedura per il recupero password dipende dalla scelta di chi ha programmato il software.
  • un hardware wallet: la chiave privata è contenuta in un dispositivo (fisicamente simile ad una chiavetta usb). Nella maggior parte dei casi, per accedere al dispositivo è necessario un pin, il quale sblocca l’accesso alla chiave privata. Se il dispositivo si rompe o se non si è a conoscenza del pin, diventa impossibile accedere alla chiave.

Per ultimo, è bene precisare che molti software wallet e hardware wallet prevedono un procedimento di “ripristino” del wallet attraverso l’utilizzo di una seed phrase. Anche in questo caso, tuttavia, le considerazioni sopra riportate non cambiano, poiché se la seed phrase non è stata indicata dal de cuius, difficilmente sarà possibile recuperarla.

Fondi di investimento: in quest’ultimo caso, la criptovaluta non è di proprietà del defunto, trattandosi invece di uno strumento finanziario che riflette il valore della criptovaluta di riferimento. Sotto l’aspetto successorio, verrà applicata la stessa disciplina dedicata agli strumenti finanziari.

In conclusione

Volendo riepilogare, gli ostacoli relativi alla successione di criptovalute riguardano maggiormente l’aspetto tecnico rispetto a quello giuridico.

Non vi è alcun dubbio riguardo al passaggio della titolarità delle criptovalute del de cuius agli eredi, in quanto esse formano parte dell’asse ereditario.

Gli “ostacoli” tecnici alla trasferibilità delle criptovalute agli eredi discendono, invece, da uno dei loro caratteri principali, cioè l’offrire la massima protezione nei confronti di soggetti terzi.

Chi detiene criptovalute dovrà, pertanto, programmare attentamente il trasferimento agli eredi delle proprie cryptocurrencies. Al riguardo, una possibilità è quella di utilizzare servizi dedicati appositamente alla programmazione e gestione del “passaggio” delle cryptocurrencies da un soggetto ad un altro, anche – e soprattutto – in caso di decesso.

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