Lavoro e previdenza​

Le sfide giuridiche della contrattualizzazione degli e-sports pro-players

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AUTORE: Razmik Vardanian
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L’ascesa degli e-sports e la crescente professionalizzazione dei videogiocatori professionisti, comunemente chiamati pro-players, ha sollevato numerose questioni giuridiche. Tra le più rilevanti vi sono la classificazione degli e-sports all’interno della definizione legale di “sport” nel diritto italiano e la qualificazione delle prestazioni dei pro-players come contratti di lavoro sportivo.

La definizione legale di sport: gli e-sports sono inclusi?

La questione se gli e-sports possano essere classificati come “sport” ha implicazioni di vasta portata per la determinazione del quadro giuridico applicabile ai videogiocatori professionisti. Le definizioni tradizionali, come quella della Carta Europea dello Sport del 1992, pongono un forte accento sull’attività fisica, richiedendo che lo sport coinvolga un “movimento armonioso del corpo”, escludendo quindi potenzialmente gli e-sports, dove lo sforzo fisico è minimo.

Tuttavia, una interpretazione più ampia è emersa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso English Bridge Union, secondo cui uno sport può includere attività con una significativa componente mentale, a condizione che migliorino il benessere fisico o mentale e seguano regole stabilite. Questa interpretazione apre la strada al riconoscimento degli e-sports come vero e proprio sport nel contesto europeo.

In Italia, il recente D.lgs. n. 36/2021 definisce l’attività fisica come qualsiasi movimento esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che comporti una spesa energetica superiore alle condizioni di riposo. Sebbene questa definizione enfatizzi la fisicità, non esclude del tutto gli e-sports, soprattutto considerando la più ampia prospettiva dell’UE che riconosce anche l’esercizio mentale.

E-Sports e contratti di lavoro: una prospettiva giuridica

Il riconoscimento degli e-sports come sport ha implicazioni legali significative per lo status lavorativo dei videogiocatori professionisti. Se tale attività venisse riconosciuta come sport, il diritto del lavoro sportivo, che regola i rapporti tra atleti e le loro squadre, diverrebbe applicabile. Tuttavia, un requisito fondamentale per l’applicazione di questa disciplina è che l’attività sportiva sia riconosciuta da un’autorità competente.

In precedenza, la Legge n. 91/1981 distingueva tra atleti professionisti e dilettanti, con la possibilità di instaurare contratti di lavoro solo per i primi. Tuttavia, molti videogiocatori professionisti operano in una zona grigia, ricevendo compensi per la partecipazione a competizioni e attività promozionali, senza essere formalmente riconosciuti come atleti professionisti. Questo fenomeno, spesso chiamato “professionalismo di fatto”, solleva questioni legali sulla possibilità che tali accordi debbano essere trattati come rapporti di lavoro ordinario piuttosto che come rapporti di lavoro sportivo.

Tuttavia, è importante sottolineare che i lavoratori del settore degli e-sports non possono essere inquadrati semplicemente come lavoratori dipendenti, poiché il rapporto di subordinazione ordinario non tiene conto delle peculiarità del settore e delle dinamiche specifiche tra il giocatore e il team. Le relazioni contrattuali nel mondo degli e-sports, infatti, non si limitano al mero adempimento delle istruzioni del datore di lavoro. Il pro-player, infatti, è spesso tenuto a rispettare non solo le indicazioni tecniche per migliorare le proprie prestazioni, ma anche a contribuire alla visibilità della squadra, partecipando ad eventi promozionali o creando contenuti digitali; inoltre, vi è da considerare il tema dei premi ricevuti per la partecipazione o la vincita di competizioni. Queste caratteristiche rendono il rapporto tra giocatore e team più complesso rispetto al tipico rapporto di lavoro subordinato.

La riforma del lavoro sportivo: un passo verso l’inclusione?

Il D.lgs. n. 36/2021, pienamente operativo da luglio 2023, ha introdotto importanti riforme nel diritto del lavoro sportivo, fornendo una definizione unificata di “lavoratore sportivo”. Questa nuova definizione include atleti, allenatori e altri professionisti che svolgono attività sportiva dietro compenso, indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico.

La riforma mette l’accento sullo scambio tra la prestazione atletica e il compenso monetario. Questo è particolarmente rilevante per gli e-sports, dove le prestazioni dei giocatori sono spesso legate a ricompense finanziarie. Tuttavia, nonostante questa nuova interpretazione estesa, il decreto stabilisce che l’attività deve essere riconosciuta da una federazione nazionale, che rimane un ostacolo significativo per l’inclusione completa degli e-sports.

La mancanza di un riconoscimento formale degli e-sports implica che i videogiocatori professionisti non abbiano accesso alle tutele previste dal diritto del lavoro sportivo. A tal proposito, il CONI riveste un ruolo cruciale nel riconoscimento degli e-sports, potendo includerli direttamente nell’elenco delle discipline sportive riconosciute, o indirettamente, attraverso un’assimilazione alle discipline tradizionali. Quest’ultima soluzione pare quella percorsa dal CONI, il quale attraverso un memorandum siglato con il Comitato E-Sport Italia nel gennaio 2022, ha incoraggiato le federazioni sportive nazionali a creare comparti specifici per regolamentare gli e-sports in linea con gli sport tradizionali.

Se tale iniziativa avesse successo, gli e-sports potrebbero essere inclusi nell’elenco delle discipline sportive riconosciute, consentendo ai pro-players di beneficiare delle stesse tutele legali previste per gli altri atleti. Questo rappresenterebbe un passo avanti significativo verso l’eliminazione del vuoto normativo che circonda attualmente i rapporti di lavoro negli e-sports.

Il trattamento fiscale dei lavoratori degli e-sports

Un altro tema importante riguarda il regime fiscale applicabile ai lavoratori degli e-sports. A seconda che i videogiocatori professionisti siano classificati come dipendenti o lavoratori autonomi (ai sensi dell’art. 25, co. 2, d.lgs. 36/2021), essi possono essere soggetti a diversi regimi fiscali. Se riconosciuti come lavoratori (subordinati) sportivi, il decreto prevede che si applichino le disposizioni relative ai dipendenti ordinari, estendendo così anche agli atleti le previsioni dell’art. 49 del TUIR. Tuttavia, in assenza di tale riconoscimento, molti videogiocatori professionisti ricevono compensi in modo informale, complicando le implicazioni fiscali dei loro guadagni.

In assenza di un riconoscimento federale, i videogiocatori professionisti possono dover strutturare il proprio lavoro come liberi professionisti. Ciò implica tipicamente contratti di prestazione d’opera o, alternativamente, rapporti di co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa), che permettono una collaborazione continuativa senza creare un rapporto di lavoro subordinato.

Il D.lgs. 36/2021 prevede che il rapporto di lavoro sportivo (nell’area del dilettantismo) si presuma di natura autonoma quando:

  1. la durata delle prestazioni non superi le 24 ore settimanali, escluso il tempo per le competizioni sportive;
  2. le prestazioni siano coordinate ai regolamenti delle federazioni sportive.

La qualificazione del rapporto influisce anche sul regime fiscale e previdenziale applicabile: i compensi dei co.co.co. sportivi sono assimilati ai redditi da lavoro dipendente, mentre quelli dei liberi professionisti titolari di partita IVA sono considerati redditi da lavoro autonomo.

In merito al trattamento fiscale, per quest’ultimo caso, l’art. 36 del D.lgs. 36/2021 stabilisce che i compensi sportivi nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile fino a un importo annuo di 15.000 euro. Inoltre, tutti i singoli compensi per i co.co.co nell’area del dilettantismo inferiori all’importo annuo di 85.000 euro non concorrono alla determinazione della base imponibile per l’IRAP. Infine, le somme versate ai tesserati di un team a titolo di premio per i risultati ottenuti nelle competizioni sportive sono soggette a una ritenuta alla fonte del 20%.

Conclusione

Sebbene le recenti riforme abbiano mosso un passo verso una definizione più inclusiva dei lavoratori sportivi, rimangono significative lacune, in particolare riguardo al riconoscimento federale e alle tutele occupazionali per i videogiocatori professionisti. Se gli e-sports venissero formalmente riconosciuti dal CONI e da altri organismi nazionali, ciò rappresenterebbe un passo significativo verso l’assicurazione che i pro-players ricevano le tutele legali e i benefici riconosciuti agli altri atleti.

In caso contrario, i pro-players dovranno accuratamente regolare la propria posizione attraverso gli opportuni strumenti contrattuali che legano le proprie prestazioni ad un determinato team.

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